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Immagine del redattoreEmergenza Sorrisi

Il Miracolo di un Battito: Una Corsa contro il Tempo

La Straordinaria Battaglia per la Vita: Un'anestesia, un cesareo e il miracolo raccontato dal Dott. Stefano Antonelli, Anestesista e Volontario di Emergenza Sorrisi, nell'ultima missione in Burkina Faso

Fa caldo a Sabou, un giorno appena non basta per abituarsi a quei gradi che ti si accollano in questa regione subsahariana dell'Africa occidentale, anche se è la tua seconda volta in Burkina in nove mesi.

L'anestesista locale ha un incidente in moto, stava correndo per un'emergenza in ostetricia. La donna arrivata da un villaggio in condizioni estreme ha un travaglio difficile e il bambino sembra malposizionato secondo l'ostetrica. Bisogna fare un taglio cesareo d'urgenza.

'Stefano devi correre al reparto maternità, dice padre Joseph, c'è bisogno di fare una anestesia urgente, il bimbo deve nascere il prima possibile, la donna è molto dolorante e il nostro anestesista ha avuto un brutto incidente stradale.

Mi avvio di corsa con Giulia una giovane specializzanda in anestesia e rianimazione, alla sua prima missione con Emergenza Sorrisi. Appena arriviamo in sala parto Giulia viene chiamata nuovamente allo screening dei bimbi che dovremo operare per ustioni invalidanti durante la settimana. La situazione sembra sotto controllo, mi trovo da solo, una goccia di sudore mi cala sulla fronte, fa molto caldo penso.

Nonostante la forte barriera linguistica e confortato dagli operatori locali tranquillizzo la donna e procedo con l'anestesia subaracnoidea, un tipo di anestesia che si fa buttando del liquido anestetico nella schiena, la donna è molto magra e per fortuna non trovo difficoltà nell'esecuzione della procedura e la futura mamma trova lo spazio per un piccolo sorriso nel momento in cui il dolore è cancellato dall'anestesia. Si procede col taglio cesareo, i colleghi burkinabè sono pronti, il bisturi affonda nel basso ventre e il bimbo esce accolto dalle mani del chirurgo, un maschio!

Il bimbo sembra un giocattolo rotto, è grigio, non si muove ed è flaccido. Dalle nostre parti si direbbe che il punteggio di APGAR alla nascita è 0. Sarà APGAR 0 anche a 5 minuti. Il bimbo appare senza vita. Il liquido amniotico era chiaro, spero che la sofferenza sia insorta solo da poco. Porto subito il bimbo in una culla a fianco alla madre, non è tempo per farglielo vedere. Chiedo aiuto ma gli operatori sembrano quasi assenti e non percepiscono la stessa gravità che percepisco io. Sono solo con persone sconosciute in una sala operatoria che non conosco ad oltre 5000 km di distanza da casa mia. Chiedo un AMBU pediatrico e una fonte di ossigeno, non sembrano capire, il bimbo continua a non respirare, ha una cianosi diffusa, non tossisce, non emette quel bellissimo pianto che ogni neonato fa alla nascita urlando la sua nuova presenza nel mondo. Comincio a massaggiare, i protocolli, le linee guida, le buone pratiche mediche sembrano sogni lontani.

Massaggio un corpicino esile, ma so che va fatto così, non ho l'aiuto che cerco né i presidi medicali che servono, solo pochi giorni prima in questo stesso piccolo ospedale, al precedente cesareo erano morti la mamma e il bimbo, senza fare troppa notizia. Qui è normale morire, soprattutto se appena nati. Per me non lo è, continuo il massaggio cardiaco esterno. Finalmente arriva un pallone per la ventilazione manuale. è abbastanza piccolo per usarlo su di lui. Comincio a ventilare, i polmoni fanno un rumore strano, ho bisogno di broncoaspirare le secrezioni, riesco a farlo con un rudimentale aspiratore, l'infermiera a fianco a me comincia a capire che non mi sto arrendendo, vuole provare ad aiutarmi. Mentre aspiro in bocca lei afferra il bimbo a due mani e comincia a massaggiare quel corpicino spento come ha visto fare a me. Riprendo a ventilare il bimbo posando la maschera facciale su quel visino spento, le labbra sono ancora viola.

Sento un flebile polso sul braccino, il cuore fa venti battiti al minuto troppo poco ! è ancora in arresto cardiaco, l'infermiera mi guarda incredula per tanta mia insistenza, sembra dire 'dottore lasci stare, non vede che non c'è più niente da fare?' I chirurghi stanno nel frattempo frenando l'emorragia uterina, normale dopo un parto e si avviano a cucire la ferita al ventre della madre, tranquilla nel suo sopore, lei non si sta accorgendo di nulla, per fortuna. Ho fatto 24 ore di viaggio, sono stanco morto, ma continuo perchè oggi questo bimbo non deve morire, se no non ha senso che io sia qui adesso mentre il povero collega si frantumava in motocicletta per correre su questa urgenza.

Stanno passando i minuti, quasi venti, comincio a perdere le speranze, si è vero le labbra carnose del bimbo non sono più così viola come prima ma sono ancora viola, lo stiamo scaldando con una copertina, ancora non reagisce, continuiamo il massaggio cardiaco e le ventilazioni, anche l'infermiera a fianco stava quasi per crederci. Il resto dell'equipe sembra quasi consolarmi, quasi a dire, qui da noi purtroppo ci si abitua a cose del genere, ogni paese povero viene misurato proprio sull'alta incidenza di mortalità neonatale, dovrei saperlo anche io , ma non me ne curo, ora pensiamo a lui, non stava nascendo per caso, forse aspettava me? (è facile quando vai in missione pensare che tutto dipenda e si muova intorno a te, solo dopo decine di missioni negli anni sai che stai solo delirando, sarà l'antimalarica che a volte fa effetti strani..).

Sto quasi per mollare, faccio ancora un controllo, il bimbo è ancora flaccido, non respira, il polso del braccino è ancora flebile, forse ora fa 50 battiti al minuto, ancora troppo poco, non ho aghi né flebo con cui infondere farmaci o liquidi utili allo scopo. Il cordone ombelicale reciso da pochi minuti sembra cambiare improvvisamente colore, il battito ora è più palpabile e un pochino più veloce, ma il bimbo non dà nessun segno di vita. Ricontrollo se ha materiale da aspirare in bocca, avvicino il dito indice per aprire la bocca e qui il miracolo.

Il bimbo mi succhia il dito, lo fa con una incommensurabile debolezza, ma lo sta facendo, sta silenziosamente dicendomi di continuare, perché è vivo, perchè vuole salutare la sua mamma. Si proprio ora. Allora forse c'è un senso a tutto questo, penso e al tempo stesso mi domando.

L'equipe mi ha seguito incredula ma incuriosita da tanta ostentata e forse inutile tenacia. Giro il bimbo sulla schiena e do due pacche sul dorso, lo giro nuovamente, sembra muovere una manina, ora l'altra, Rimetto l'indice della mano destra quello che insieme al dito medio della stessa mano stava fino a poco fa massaggiando il suo cuoricino.

Ora succhia con più tenacia, forse perché non sente il latte materno arrivare. Continuo a stimolarlo, il polso è pieno e ben palpabile, ora fa 100 battiti al minuto. Sta facendo, lo ricordo bene come fosse ora, un piccolo gemito. Quel toracino ora si alza finalmente da solo senza l'artificio di quel pallone AMBU tanto caro a noi anestesisti rianimatori. Le labbra sono meno viola, ha bisogno di recuperare ma ce la farà. Lo so perchè tra tre giorni la mamma tornerà al suo villaggio col suo bambino. L'equipe di sala operatoria mi guarda sorpresa, stupita, loro non ci avrebbero scommesso, perchè l'Africa è anche questo. Mi guardano con un sorriso dolce, io sono felice. Solo questo vale una missione. Si, la solita goccia nel mare diranno molti, si la solita goccia nel mare, in quel mare che auguro a tutti di provare ad immergersi, almeno una volta. Per un sorriso in più, per una vita in più.

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